Videosorveglianza: semplificazioni dal Ministero del Lavoro

Con nota 16 aprile 2012, n°7162, il Ministero del Lavoro è intervenuto nella procedura di rilascio delle autorizzazioni all’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature che potrebbero rientrare tra le fattispecie previste dall’art. 4 Statuto Lavoratori.

Cosa cambia? La sicurezza dei Lavoratori anzitutto

Preso atto che l’utilizzo di impianti audiovisivi è divenuto sia un fattore deterrente che uno strumento per assicurare le fonti di prova nei giudizi relativi a eventuali condotte penalmente rilevanti, le esigenze legate alla sicurezza dei lavoratori sono in qualche modo oggetto di una “presunzione” di ammissibilità delle domande volte all’installazione delle apparecchiature che potranno (ed anzi dovranno) consentire la massima potenzialità di controllo dell’incolumità del personale lavorativo e dei terzi.

La presunzione di ammissibilità della domanda di autorizzazione

Alla luce dell’aumento delle richieste di installazione di impianti audiovisivi di controllo intervenute negli ultimi anni, ed in considerazione del fatto che molte di esse ineriscono la sorveglianza non tanto dei lavoratori, quanto dei luoghi, ai fini di garantire una maggiore sicurezza contro condotte penalmente rilevanti, risulta opportuno che in tali ultimi casi la garanzia dei lavoratori contro eventuali abusi possa essere ridimensionata.

In definitiva viene esplicitamente confermato il principio in base al quale, nelle fattispecie considerate, operi una presunzione di ammissibilità delle domande per le quali non sia necessario un accertamento tecnico preventivo ai fini della legittima installazione.

Niente più Accertamenti tecnici preventivi

Da ciò consegue che il rilascio dell’autorizzazione da parte della DTL non necessita in tali ipotesi di un accertamento tecnico preventivo dello stato dei luoghi in quanto sostanzialmente ininfluente ai fini del rilascio dell’autorizzazione.

La Direzione Provinciale del lavoro interpellata, pertanto, potrà far riferimento esclusivamente alle specifiche dell’impianto (caratteristiche tecniche, planimetria dei locali, numero e posizionamento delle telecamere etc.) risultanti dalla documentazione prodotta dal datore di lavoro che diventa, per i profili tecnici, parte integrante del provvedimento autorizzativo.

Finalità diverse dalla sicurezza dei Lavoratori

E’ importante sottolineare che al di fuori di suddette situazioni (sorveglianza dei luoghi ai fini di garantire una maggiore sicurezza contro condotte penalmente rilevanti), particolare attenzione dovrà invece essere posta sui diversi presupposti legittimanti l’installazione e cioè l’effettiva sussistenza delle esigenze organizzative e produttive.

Le condizioni di legittimità dell’Impianto

In ogni caso, l’Autorizzazione verrà rilasciata solo alle seguenti condizioni:

  1. dovrà essere rispettata la disciplina dettata dal DLgs 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) e dai successivi provvedimenti del Garante per la Proiezione dei dati personali, in particolare il Provvedimento dell’8 aprile 2010 (G.U. n. 99 del 29 aprile 2010) – Al riguardo rimandiamo a “Garante: nuove regole per la Videosorveglianza
  2. dovrà essere rispettata tutta la normativa in materia di raccolta e conservazione delle immagini;
  3. prima della messa in funzione dell’impianto l’azienda dovrà dare apposita informativa scritta al personale dipendente in merito all’attivazione dello stesso, al posizionamento delle telecamere, alle modalità di funzionamento e dovrà informare i clienti con appositi cartelli;
  4. l’impianto, che registrerà solo le immagini indispensabili, sarà costituito da telecamere orientate verso le aree maggiormente esposte ai rischi di furto e danneggiamento (limitando l’angolo delle riprese ed evitando, quando non indispensabili, immagini dettagliate), l’eventuale ripresa di dipendenti avverrà esclusivamente in via incidentale e con criteri di occasionalità;
  5. all’impianto non potrà essere apportata alcuna modifica e non potrà essere aggiunta alcuna ulteriore apparecchiatura al sistema da installare, se non in conformità al dettato dell’art. 4 della L. n. 300/1970 e previa relativa comunicazione alla DTL;
  6. le immagini registrate non potranno in nessun caso essere utilizzate per eventuali accertamenti sull’obbligo di diligenza da parte dei lavoratori né per l’adozione di provvedimenti disciplinari;
  7. in occasione di ciascun accesso alle immagini (che di norma dovrebbe avvenire solo nelle ipotesi di verificazione di atti criminosi o di eventi dannosi), la ditta dovrà darne tempestiva informazione ai lavoratori occupati.
  8. i lavoratori potranno verificare periodicamente il corretto utilizzo dell’impianto. 

Fisco: si del Garante Privacy ai controlli sui conti correnti

Fisco: sí del Garante Privacy agli schemi di provvedimento dell’Agenzia delle entrate sui conti correnti dei cittadini e sulla partecipazione dei Comuni alla lotta all’evasione fiscale. Necessaria una rigorosa protezione dei dati.

L’Autorità Garante per la privacy, nella riunione di ieri, ha espresso il previsto parere sullo schema di provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate riguardante le modalità con le quali le banche dovranno comunicare a fini di controllo fiscale all’Agenzia le informazioni relative ai conti correnti bancari  e ha indicato le misure di sicurezza necessarie alla protezione dei dati dei cittadini italiani.

Quali Informazioni?

Le banche dovranno comunicare all’Agenzia delle entrate le seguenti ingormazioni:

  • saldo iniziale e finale
  • importi totali degli accrediti e degli addebiti delle numerose tipologie di operazioni effettuate.

Il Garante, nel suo parere, ha innanzitutto evidenziato che non è in discussione l’esigenza di disporre delle informazioni necessarie per l’azione di contrasto all’evasione fiscale, ma ha rilevato che l’ingente flusso di dati e la loro concentrazione presso un unico soggetto rende indispensabili misure di sicurezza di natura tecnica ed organizzativa particolarmente rigorose, sia per la trasmissione dei dati che per la loro conservazione.

L’Autorità ha dunque chiesto all’Agenzia delle entrate di integrare lo schema con una dettagliata serie di misure di sicurezza.

Gli operatori finanziari e le banche dovranno, in particolare:

  • adottare meccanismi di cifratura durante tutti i passaggi interni, 
  • limitare l’accesso ai file ad un numero ristretto di incaricati, 
  • aggiornare costantemente i sistemi operativi e i software antivirus e antintrusione, 
  • prevedere solo in forma cifrata l’eventuale conservazione dei dati. 


L’Agenzia delle entrate, da parte sua, dovrà predisporre canali telematici adeguati alla comunicazioni di una elevata quantità di dati, privilegiando l’interconnessione diretta con i sistemi informativi di banche e istituti finanziari, preoccupandosi di fornire agli operatori finanziari indicazioni e accorgimenti per la predisposizione dei file da inviare.

I tempi di conservazione dei dati presso l’Anagrafe tributaria dovranno essere specificati e, una volta scaduti, dovrà essere prevista la cancellazione automatica.

Infine, il Garante si è riservato di effettuare una verifica preliminare sul provvedimento del Direttore dell’entrate con il quale saranno definiti i criteri e gli specifici tipi di dati che saranno usati per l’elaborazione delle liste di contribuenti a maggior rischio di evasione.

 

 

Comuni e lotta all’evasione fiscale

L’Autorità ha, inoltre, dato parere favorevole ad un altro schema di provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate riguardante le modalità tecniche di accesso da parte dei Comuni alle banche dati e di trasmissione delle dichiarazioni dei contribuenti ai fini della partecipazione dei Comuni stessi all’accertamento fiscale e contributivo.

L’Autorità ha richiesto:

  • l’adozione di misure tecniche e organizzative a protezione dei dati dei cittadini, e 
  • l’integrazione dello schema in particolare con la definizione delle modalità di accesso alle banche dati dell’Agenzia del territorio e dell’Inps (limitatamente a questo aspetto, il Garante ha chiesto che lo schema gli venga nuovamente sottoposto).

Con i due pareri, e ferma restando l’adozione delle misure di sicurezza indicate, il Garante ha dato così via libera alla piena e completa attuazione del decreto “Salva Italia” nella parte in cui incrementa i dati a disposizione dell’Agenzia delle entrate per la lotta all’evasione fiscale.

 

Diritto all’oblio anticipato da una sentenza della Cassazione

” (…) predisposizione di un sistema idoneo a segnalare (nel corpo o nel margine) la sussistenza di un seguito o di uno sviluppo della notizia e quale esso sia stato (…), consentendone il rapido ed agevole accesso da parte degli utenti ai fini del relativo adeguato approfondimento», questo il nuovo obbligo a carico dei gestori di archivi e database di non facile gestione imposto dalla recente sentenza n°5525, del 5 aprile 2012 della Cassazione. 

In sostanza: nel caso in cui la notizia di cronaca sia:

  • collocata nell’archivio storico della testata online e
  • resa disponibile tramite l’intervento dei motori di ricerca

allora il «titolare dell’organo di informazione» deve provvedere a curarne anche la messa a disposizione della contestualizzazione e aggiornamento.

Fatti

Durante gli anni di Tangentopoli, un assessore di un comune dell’hinterland milanese veniva arrestato e in seguito prosciolto dalle accuse di corruzione. La notizia del suo arresto in data 22 aprile 1993 è tuttora riportata nell’archivio storico del Corriere della Sera all’indirizzo http://www.corriere.it

L’ex assessore si era così rivolto prima al Garante della privacy cui aveva chiesto il blocco dei dati personali che lo riguardavano contenuti nell’articolo “incriminato”, quindi al tribunale di Milano. Sia l’uno sia l’altro gli avevano dato torto. 

L’intervento della Cassazione

La Cassazione cancellava la sentenza del tribunale milanese. La Corte pur prendendo atto che:

  • non esiste un profilo di diffamazione o lesione alla reputazione (la notizia, a quell’altezza di tempo, è vera e pertanto non ha senso discutere su una rettifica)
  • non ha senso confinare l’articolo in area non indicizzabile dai motori di ricerca (esiste ancora una rilevanza pubblica della notizia, visto che l’uomo viene definito come un possibile candidato a una delle prossime tornate elettorali o comunque papabile per un incarico non elettivo),

argomenta che la notizia, proprio perché vera in un determinato contesto temporale, ha bisogno di essere aggiornata, in questo caso con la conclusione del procedimento giudiziario che condusse all’arresto:

«Così come la rettifica è finalizzata a restaurare l’ordine del sistema informativo alterato dalla notizia non vera (che non produce nessuna nuova informazione), del pari l’integrazione e l’aggiornamento sono invero volti a ripristinare l’ordine del sistema alterato dalla notizia (storicamente o altrimenti) parziale».

Che fare, dunque?

Il Titolare del trattamento (in questo caso la società editoriale) deve pertanto provvedere all’aggiornamento delle informazioni attraverso la 

  • predisposizione di un sistema idoneo a segnalare (nel corpo o nel margine) la sussistenza di un seguito o di uno sviluppo della notizia e quale esso sia stato (…), 
  • consentendone il rapido ed agevole accesso da parte degli utenti ai fini del relativo adeguato approfondimento”.

All’aggiornamento deve provvedere il titolare dell’archivio e non il motore di ricerca perché quest’ultimo è, nella lettura della Corte, un semplice intermediario telematico “che offre un sistema automatico di reperimento di dati e informazioni attraverso parole chiave“.